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1 settembre 2012

Di Alberto in: Discussioni

Questioni aperte: sulla critica militante oggi


Nelle “Questioni aperte” verranno proposte alcune breve riflessioni sui problemi attuali della critica letteraria e dell’interpretazione dei testi, anche in una prospettiva didattica.

 

Sono convinto che un critico, in qualunque periodo storico-culturale operi, debba prima di tutto riconoscere dei valori che gli sembrino significativi in rapporto al passato e al presente, e che possano durare anche per le generazioni future. La correttezza sta, in primo luogo, nel difendere con coerenza i tratti che, sulla base della sua esperienza e della sua posizione nel campo di forze letterario, il critico considera importanti in un’opera: ciò vale tanto per quelle canonizzate quanto per quelle appena uscite.

Non credo quindi che si debba essere per forza manichei: la difesa di un valore dovrebbe riguardare, per esempio, Tolstoj quanto DeLillo, se si considerano questi due narratori altamente rappresentativi della loro epoca. Si dovrebbe evitare di misconoscere valori evidenti solo perché non li si ritiene adeguati sulla base di poetiche precostituite: magari io amo Proust più di Joyce o di Mann, ma non mi posso permettere di disconoscere l’importanza e la specificità dei loro modelli di letteratura. Posso invece essere certo che, alla distanza, un modello vince su un altro: è il caso di Dante, per secoli perdente in un confronto (improprio) con Petrarca, ma adesso considerato decisamente più significativo per la sua capacità di immaginare e rappresentare una realtà ben più complessa rispetto alla somma dei suoi singoli addendi, mentre gli aspetti psicologici e stilistici del Canzoniere sono del tutto riassorbiti e ridotti a un territorio circoscritto nell’immaginario della lirica moderna.

Il critico deve essere fedele a questo tipo di militanza: non quella di chi sta in uno schieramento ma quella di chi va in missione per (ri)scoprire aspetti fondamentali del fare letteratura nella sua epoca e per la sua epoca. L’eclettismo è però da evitare: e ci si riesce se si hanno chiari alcuni obiettivi. Il primo dovrebbe essere la difesa di opere che, nell’attuale ciclo di esplosioni di casi-del-momento seguite da un oblio totale dei medesimi, il critico ritiene che siano degne di essere rilette e reinterpretate quando saranno fuori moda.

 

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