Di Alberto in: Proposte

Letteratura: autori e canoni


Queste pagine faranno parte del volume di Alberto Casadei Letteratura e controvalori, in uscita per l’editore Donzelli nel mese di luglio 2014.

 

Autorialità e canone

Il sistema di valori della letteratura è da molti considerato in crisi definitiva, in rapporto alle emergenze di nuove forme di umanesimo o humanities ben più integrate nel sistema socio-culturale contemporaneo (specie quelle veicolate da media ibridi, visivi e scritti, tipici del web). Tuttavia, a parte le prospettive di possibili integrazioni o interazioni (su cui si veda la riflessione di Anne Burdick e altri in Umanistica_Digitale, trad. it. Mondadori 2014 ), il problema teorico-generale sembra quello di tornare a indagare sulle forme di creatività artistica in genere e letteraria in particolare, per esempio approfondendo le questioni relative all’inventio, sulle quali possono darci nuovi stimoli le scienze cognitive: e nel contempo la letteratura e le arti in genere possono farci capire molte cose su questioni essenziali per comprendere meglio il rapporto natura/cultura, soprattutto consentendo di approfondire il concetto di stile. Insomma, siamo in una fase di passaggio, nella quale alcuni paradigmi, come quelli della supremazia della cultura umanistica nell’interpretazione del mondo sono caduti, ma altri ne possono nascere, non per cancellare ma per rileggere la lunga storia del rapporto fra materia e forma dell’espressione.

Quanto ai problemi concreti, come per esempio quello della selezione di opere di grande valore, è necessaria una nuova riflessione: bisogna continuare a selezionare, ovvero a fare critica, ma in termini differenti da quelli consueti, che spesso associano l’idea di ‘canone’ a una supremazia dispotica. Il canone è la sintesi provvisoria dei valori che vogliamo attribuire alle opere del passato (persino abbastanza recente, ormai), e varia continuamente: basti pensare agli alti e bassi di Dante, ma lo stesso vale per Omero e Virgilio, Shakespeare e Racine, ecc. Attualmente, la critica e i lettori colti sono diventati molto più accoglienti e in molti casi sono disposti ad accettare valori addirittura eterogenei: noi consideriamo grandi autori tutti quelli sopra citati, oppure altri ancora più diversi tra di loro, come Joyce e Proust. Siamo pure disposti a uscire senza remore appunto dai limiti occidentali, con un García Márquez o un Walcott, che peraltro tanto devono ad autori classici europei e statunitensi.

Di fatto, per il lettore generico il valore è fondamentale: se escludiamo la letteratura di consumo, che segue regole sue, il motivo che può spingere a leggere un testo piuttosto che un altro è solo quello del suo valore assoluto o almeno relativo (a un periodo, a un genere ecc.). Il sistema dell’industria culturale odierna tende a emarginare la critica indipendente, perché quest’ultima cerca di proporre valori alternativi a quelli del mercato. Il risultato è che i successi non legati all’establishment non sono più decretati dai critici, bensì dai blog e da internet, quindi da gruppi organizzati di scrittori-lettori, che riescono a sostenere un’opera senza un effettivo confronto con la critica, e anzi addirittura proponendo un’interpretazione storico-letteraria ritagliata su misura.

Delineato il contesto, soprattutto in Italia è assoluta la necessità di allargare il pubblico dei lettori capaci di un giudizio autonomo, che sostenga, come avviene per esempio negli Stati Uniti, autori validi ma che non godono di un successo commerciale. Per questo tipo di pubblico è importante una buona formazione scolastica, basata su alcuni grandi classici: se nella scuola italiana si chiedesse, per tutti, una lettura ampia di dieci-dodici capolavori della nostra letteratura, un gusto già si formerebbe, e rimarrebbe poi molto tempo per leggere altri classici stranieri, oppure opere contemporanee magari, per invogliare, con un taglio tematico o comunque scelto dagli insegnanti assieme agli studenti. Come si vede, il canone servirebbe per essere più liberi e consapevoli nelle scelte, per formare una capacità critica, e non certo per vincolare o limitare. In altri termini, si può ormai decidere liberamente se si preferisce Dante o Petrarca, ma prima bisogna leggerli bene; quando si sarà capito che la carica gnoseologica che ancora conservano è altissima, si potrà anche giudicare quali opere nel presente ne hanno altrettanta, o almeno una parte.

Quanto al sistema editoriale contemporaneo, il rischio che corrono sempre più gli scrittori è quello di essere schiacciati sulla difensiva, perché osare vuol dire perdere pubblico, consenso, soprattutto favore. Tuttavia mi pare che, quando un critico come Tzevan Todorov (2007) accusa la letteratura attuale di non uscire da limiti molto ristretti (dal ‘guardarsi l’ombelico’), non tenga conto di tante opere di notevole importanza uscite negli ultimi anni: se partiamo da Underworld (1997) di DeLillo e arriviamo a Le Benevole (2006) di Littell e a testi ancora più recenti europei, nord- o sudamericani o postcoloniali in genere, direi che non mancano quelli degni di entrare in una lista di capolavori.

Il problema, semmai, è la scarsa capacità di penetrazione presso strati ampi di pubblico. Sappiamo tutti che il medium per eccellenza del secondo Novecento e contemporaneo è quello del ‘visuale’ in tutti i suoi aspetti: il web ha creato una spinta forte verso l’integrazione di scritto e visivo, ovvero all’iper- o inter-medialità, ma per il momento non ha creato una forma sufficientemente definita di interazione. Quindi, viviamo in una fase in cui tutti noi assorbiamo la maggior parte delle informazioni, e anche la ‘dose’ di artisticità che vogliamo assumere, dalla cultura visuale: basti pensare all’enorme successo, negli ultimi due decenni, delle mostre pittoriche.

La letteratura rimane però, al momento, lo strumento più forte per integrare strati profondi della nostra biologia, quello che ora chiameremmo ‘inconscio cognitivo’ e non più solo freudiano, con la nostra lettura del mondo, personale e consapevole. Lo può fare in tanti modi, con tante gradazioni, ma in ogni caso è ancora capace di generare discorsi carichi di senso.