Di Alberto in: Proposte

Letteratura e controvalori


Si propone qui una parte dell’Introduzione al volume Letteratura e controvalori di Alberto Casadei, edito da Donzelli (luglio 2014).

 

Questo libro affronta alcune delle questioni più discusse riguardo al ruolo e alle caratteristiche della letteratura contemporanea. Lo sfondo è necessariamente quello della globalizzazione socio-economica, della quale si esamineranno soprattutto le implicazioni culturali: fine o no delle letterature nazionali; funzione della critica in un’epoca di diffusione dei prodotti librari o attraverso i grandi gruppi editoriali o, sempre più, attraverso il self-publishing specialmente nel web; ruolo dell’insegnamento della letteratura a giovani ormai fortemente orientati verso la visual o la internet culture.

Uno dei fili rossi comuni a tutti i lavori, nati in tempi diversi ma qui fortemente rielaborati in una prospettiva unitaria, è quello dell’allargamento dello sguardo al di là dei limiti consueti nei dibattiti. Caso esemplare è quello del concetto di realismo, in particolare narrativo. Negli ultimi anni il tema, di per sé quanto mai sfaccettato, è tornato di moda sia a livello filosofico, sia nelle discussioni dei blog; tuttavia, in molti casi si è assistito alla riproposta sotto altre vesti di posizioni da tempo sclerotizzate: il rapporto fra la letteratura e la realtà può/non può essere diretto, e comunque va sempre incontro a mediazioni; il ritorno alla realtà dopo la fase postmodernista (nel senso ristretto di letteratura del postmodernismo) esiste/è un’illusione, a seconda dell’angolatura adottata; l’esperienza, il trauma, il dato documentario possono/non possono essere oggetto di narrazioni, che siano fiction, non-fiction o autofiction (termine che, per risultare utile, andrebbe adottato solo nell’accezione specifica di mescolanza di biografia e romanzo con determinati tratti di genere e stilistici).

Di fronte al groviglio di posizioni esplicite e di presupposti, a volte non verificati, risulterebbe impossibile suggerire ipotesi che in qualche misura non siano già state avanzate, specie in riferimento alla letteratura italiana. Come è doveroso, si terrà conto delle analisi esposte in volumi, articoli o interventi apparsi in blog culturali quali “Le parole e le cose” o “Nazione indiana”: da quelle che puntualizzano tesi già da tempo note, come nel caso di Carla Benedetti, Alfonso Berardinelli, Remo Ceserani, Giulio Ferroni, Angelo Guglielmi o Arturo Mazzarella; a quelle che propongono nuovi punti di vista sulla possibilità del realismo o meno nel nostro tempo, indicati, fra gli altri, da Mario Barenghi, Marco Belpoliti, Andrea Cortellessa, Raffaele Donnarumma, Daniele Giglioli, Gilda Policastro, Massimo Rizzante, Gianluigi Simonetti, fra loro con qualche punto di consonanza e molti di dissenso. E ovviamente non si potrà trascurare quanto si ricava da opere di portata generale, come Teoria del romanzo (2011) di Guido Mazzoni, Letteratura e sopravvivenza (2012) di Antonio Scurati, L’homme en action (2013) di Paolo Tortonese, The Bourgeois: Between History and Literature (2013) di Franco Moretti. Ma il campo d’indagine e di discussione, anche di politica culturale, può essere ben focalizzato mediante due volumi recenti, Dimenticare Pasolini (2012) di Pierpaolo Antonello e Tramonto e resistenza della critica (2013), ultima raccolta di saggi di Romano Luperini: entrambi collegano l’analisi dei testi a una riconsiderazione del ruolo degli intellettuali nel mondo e in particolare nell’Italia contemporanea, peraltro sottolineando, polarmente, i suoi limiti o le sue potenzialità.

Rispetto a tutti questi importanti contributi, qui si cercherà di porre in rilievo una serie di punti nodali, allo scopo di formulare su basi aggiornate le domande più significative su letteratura e critica oggi. Il primo riguarda appunto la necessità di superare lo schematismo delle concezioni puramente astratte o viceversa troppo pragmatiche del realismo letterario. Si cercherà di argomentare perché la propensione mimetica non sia solo una questione tecnica, bensì un tratto biologico-cognitivo insito nella natura umana, che si deve estrinsecare necessariamente in uno stile, inteso come ‘interfaccia’ fra interiorità e mondo esterno. Di qui l’opportunità di superare categorie come quelle di rispecchiamento o, per molti aspetti, di rappresentazione: ogni grande opera artistica, e letteraria in specie, è una rielaborazione della realtà, e il critico deve innanzitutto individuare i tratti perenni che essa mobilita nell’ambito della sua cifra stilistica.

Ciò implica una continua rilettura dei classici: mentre invece il nostro tempo ci dice, almeno in apparenza, molto poco su di essi e sulla loro tradizione. Ma ciò implica pure una scommessa sulle opere attuali, che deve spingere a sottoporre alla comunità dei lettori e dei critici valori che si ritengono ampiamente condivisibili. Solo in questo modo il giudizio del singolo può diventare parte di un processo più ampio, che per esempio riesca a conservare opere destinate con rapidità all’oblio, se si seguono pedissequamente le logiche della globalizzazione uniformante; oppure contribuisca proprio a rileggere i grandi classici nazionali e della Weltliteratur, magari nella prospettiva di fornire nuovi stimoli all’insegnamento e alla buona divulgazione, per un’autentica crescita culturale (in Italia, più che altrove, necessità urgentissima).